giovedì 2 dicembre 2010

L'intervista impossibile... The impossible Interview



Approfitto di questo post per ringraziare tutti coloro che si sono iscritti al mio Giveaway. Non pensavo in tanta partecipazione e quindi vorrei ringraziare le amiche/amici che già seguivano il mio blog e quelle che si sono aggiunte da poco. Siete tutti i benvenuti!

In questi giorni sono molto impegnata con il lavoro e con gli ultimi temporali che hanno fatto saltare la connessione, riesco a collegarmi a internet solo la sera da casa. Ma quello che vi propongo oggi lo stavo preparando già da tempo e spero di destare il vostro interesse.

Sarà come aprire una vecchia scatola di ricordi per lasciar uscire un po' di nostalgia condita dal desiderio di conoscere meglio una delle due protagoniste del mio giveaway.



Durante le mie solite ricerche per completare la collezione su Eleonora Duse, mi sono imbattuta in un articolo che mi ha entusiasmato. Così ho contattato l'autrice chiedendole il permesso di poterlo pubblicare sul mio blog. La fantasia e la delicatezza di questa “Intervista impossibile” a questo personaggio indimenticabile merita tutti gli onori. L’autrice è Francesca Panzacchi dal sito Liberaeva. Grazie Francesca per questo piccolo gioiello.

Vorrei condividerla con voi proprio per farvi conoscere questa donna con la D maiuscola incorniciandone il ritratto con qualcuna delle mie miniature e con quelle acquistate da Lia e Alma (vedete il post precedente).




Un’attrice che ha dato tutto per amore senza risparmiarsi e la cui bravura è diventata leggenda. Internet è pieno di sue autobiografie ma credo che questa intervista di fantasia le renda omaggio più di qualsiasi altro testo. È solo in italiano perché non esistono traduzioni e quindi chiedo alle amiche di altre lingue, la pazienza di utilizzare il traduttore di google sulla destra.

Quindi prima di iniziare questa lettura, sempre per chi ha qualche minuto per sognare un po', chiudete gli occhi... e immaginate la sua figura bellissima ed eterea nel suo camerino seduta davanti al suo specchio intenta a prepararsi per entrare in scena... Poco belletto e pochi trucchi perché lei non li ama molto... il suo viso è sempre luminoso della sua naturale bellezza. Una bellezza appena scalfita dal tempo inclemente ma che nulla teme di fronte a chi riesce con l'età ad apparire ancora più affascinante. Solo i capelli cura in maniera molto attenta.

Lo stile Liberty è addolcito da un accenno di antico e tradizionale che l'attrice non disdegna. Lei ama uno stile più sobrio rispetto a Sarah Bernhardt e lo dimostra nel modo di vestire e nel suo modo di recitare... il tutto è condito da una classe innata che la fa apparire quasi irraggiungibile.

E mentre si prepara, risponde serena alle domande di colei che la intervista.


Ecco a voi


L'intervista ad Eleonora Duse…

«È qui di fronte a me, questa donna che è diventata un mito. Se ne sta lì seduta, con quell’espressione assorta ed imperscrutabile.

Tiene nella mano sinistra un fiore, credo sia una camelia, ci giocherella distrattamente, quasi fosse sopra pensiero.

Confesso che ho un po’ di timore a rompere il silenzio che ci avvolge.


Eleonora, vorrebbe raccontarmi della sua difficile infanzia? Quali sono i suoi ricordi più struggenti?

Ecco l’ho fatto… Pronunciando la prima domanda ho spezzato quel silenzio perfetto.

Lei non sembra turbata e mi risponde senza distogliere lo sguardo dal piccolo fiore che tiene ancora fra le mani.

Inaspettatamente sorride, ma è un sorriso amaro.

Sono figlia d’arte, i miei genitori erano attori itineranti e a cinque anni avevo già veduto moltissimi luoghi. Non ci fermavamo mai, la nostra unica casa era il palcoscenico. Era una vita difficile, soprattutto per una bambina.

Immagino che fosse quasi inevitabile per lei divenire un’attrice, essendo cresciuta in quell’ambiente…

Non avrei potuto essere nient’altro. Ho vissuto per il teatro ed il teatro mi ha plasmata dando senso alla mia vita.



Vorrebbe raccontarmi del suo esordio sulle scene?

Avevo soltanto quattro anni quando calcai le scene per la prima volta, ma il ricordo è nitido ed indelebile.

Recitai il ruolo di Cosetta nella trasposizione scenica dei Miserabili di Hugo e per farmi piangere come richiesto dal copione mi bacchettarono ripetutamente le gambe. Se chiudo gli occhi posso sentire ancora quelle fitte pungenti.

In quel momento ho imparato che il teatro è passione e gioia ma anche e soprattutto sacrificio e sangue.

Quando invece recitò per la prima volta da protagonista?

Accadde in modo inaspettato, quando mia madre si ammalò ed io dovetti sostituirla.

Ricordo che la paura mi divorava prima di entrare in scena ma una volta sul palco Eleonora non esisteva più, esisteva soltanto il personaggio che interpretavo. Prima Francesca da Rimini, poi Pia Dè Tolomei, poi tutte le altre. Io ero ognuna di quelle donne.



Dunque quando recitava la separazione tra donna ed attrice sfumava e l’immedesimazione era pressoché totale…

Quelle povere donne delle mie commedie mi sono talmente entrate nel cuore e nella testa che mentre io m'ingegnavo di farle capire al meglio a quelli che m'ascoltavano, quasi volessi confortarle, sono esse che adagio adagio hanno finito per confortare me.

Per quale ragione non si truccava mai in scena?

Perché io non ho mai avuto bisogno di orpelli o di maschere. La mia recitazione veniva dall’anima, senza filtri, emergeva dal profondo e si traduceva nella mimica del viso, nel saper giocare con le espressioni e nel non aver paura dei segni del tempo. Mi sono battuta tutta la vita per un teatro più vero, un teatro “senza trucco”, purificato e naturale, proprio come ero io quando salivo sul palco senza il belletto.

È vero che lei non disdegnava affatto il viola?

A differenza della quasi totalità delle mie colleghe attrici io non sono mai stata scaramantica.
Il viola è in effetti un colore come tutti gli altri.

Mi dica una cosa che ama, la prima che le viene in mente.

Amo i fiori, amo spargerli sul palcoscenico, amo indossarli appuntati sui vestiti. Amo le viole.
Posa nuovamente lo sguardo sulla piccola camelia sorridendo impercettibilmente, poi chiude gli occhi inalandone l’intenso profumo. Stacca i petali, uno alla volta, con estrema lentezza, osservandoli scendere a terra e depositarsi ai suoi piedi.

Appoggia i gomiti sulle ginocchia come a volte faceva anche in scena, senza timore di sembrare sfrontata, quindi mi guarda attendendo una nuova domanda.



Si dice che aver amato l’uomo sbagliato abbia segnato la sua vita per sempre. Cosa vuole raccontare del suo difficile legame sentimentale con Gabriele D’Annunzio?


Non esistono uomini sbagliati. Esiste l’amore. Esiste la passione. Ho amato un uomo crudele ed immorale ma non me ne pento, perché non ho avuto scelta.



Come vi conosceste?

Vi fu un primo contatto epistolare e qualche tempo dopo, nel 1894, l’incontro fatale a Venezia.



Cosa provò durante quel primo incontro?

Rimasi incantata. E mi resi conto che la mia vita sarebbe cambiata per sempre.

Poi cosa accadde?

Mi lasciai travolgere dalla passione, totalmente. Lasciai che quel legame fatto d’amore e di arte assorbisse ogni mia energia.

Solo molto tempo dopo trovai il coraggio di staccarmi da lui, esasperata dal suo egoismo, dalla sua presunzione e dai suoi ripetuti tradimenti.

Come definirebbe il vostro rapporto?

Distruttivo, profondo, ambivalente.

Non avrei mai potuto amare nessun altro così totalmente, perciò ho lasciato che mi ferisse rinunciando alle mie difese.



Cosa amava di lui?

Amavo ogni cosa di lui. Anche il suo sarcasmo, la sua ambizione, i suoi pensieri deliranti.

Sono sempre stata consapevole della negatività che emanava, eppure non potevo fare a meno di lui.



Quale fu il suo peggiore affronto?

Furono molti gli affronti che dovetti subire.

Quando scrisse il romanzo autobiografico “Fuoco” mise in piazza la nostra relazione rendendo pubblici anche i momenti più intimi e privati. Ma fu il tradimento artistico che mi costrinse ad allontanarmi per sempre da lui: affidò il ruolo principale ne “La città morta” alla mia rivale, Sarah Bernhardt. E non si fermò lì. Mi tolse anche la parte della protagonista ne “La Figlia di Iorio” che aveva scritto appositamente per me, proprio quando stavo per portarla in scena. Mi mandò un fattorino al quale dovetti riconsegnare il costume e che mi lasciò un biglietto…




Cosa c’era scritto in quel biglietto?

“Il teatro è un mostro che divora i suoi figli: devi lasciarti divorare”.

Fu molto crudele!

E mi dispiace davvero per lei, non è una frase di circostanza. Trovo profondamente ingiusto che una donna così straordinaria abbia dovuto subire tutte quelle umiliazioni proprio dall’uomo che amava. È forse questo l’amore? Lasciarsi distruggere dall’altro? Ma metto subito da parte le mie considerazioni e mi rivolgo di nuovo a lei per porle l’ultima domanda.



Riuscì mai a perdonarlo?

Alla fine lo perdonai.
Gli perdonai di avermi sfruttata, rovinata e umiliata oltre ogni limite.
Gli perdonai tutto, perché avevo amato».

di Francesca Panzacchi


Acquisti estivi...

Urge una presentazione tardiva di alcune miniature acquistate da delle bravissime miniaturiste italiane: Lia e Alma di Vilia Miniature. Acquisti fatti in agosto e che solo ora riesco finalmente a farvi vedere. Perché? .... Perché le loro mini insieme alle mie, serviranno infatti per creare parte dell'ambientazione e dell'atmosfera del mio prossimo post. Contribuiranno infatti a creare una "veste" molto particolare alla storia che ho intenzione di raccontarvi. Rammento che siamo sempre in tema di Giveaway.

Bellissime mini: um mobile con specchio in stile vittoriano ma che ho liberamente riadattato al mio personaggio, un kit per creare un mazzetto di violette come volevo io (grazie Lia!!) e delle bottigliette di profumo, saponi e creme.

Eccole qui


Vi dò quindi appuntamento al prossimo post... A tra poco...

To be continued... See you later...
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